Nel corso della mia vita, molti problemi di comunicazione e di relazione sono stati risolti grazie ad un tocco di umorismo e di fantasia. Non si tratta di sdrammatizzare come siamo abituati a dire e a fare. La sdrammatizzazione tende a relativizzare a diminuire l’impatto emotivo di una situazione. È di per se utile ma può anche avere l’effetto che la persona che ne è l’oggetto possa sentirsi sminuita e non accolta nel suo disagio. L’umorismo va oltre e aggiunge un tocco di imprevedibilità, è un gioco di spirito. È una rielaborazione fantasiosa del problema, che sorprende e rompe uno schema mentale, un automatismo.
Molte parabole Sufi e racconti Zen utilizzano l’umorismo per portare la persona ad uno stato di coscienza superiore, fuori dal suo piccolo ego sofferente o dalla sua granitica razionalità. Ricordo un giovane un po’ depresso. Si sentiva diviso in due personaggi di cui uno voleva ridere, vivere, uscire dai binari e l’altro era perfettino, ordinato, controllore. Ovviamente, il controllore aveva la meglio. Sfruttai questa divisione interna proponendo un dialogo tra un angelo trasgressivo e il diavolo che voleva portare via la sua anima e rinchiuderla in cantina. Il ragazzo si prestò al gioco e liberò la sua fantasia in dialoghi esilaranti tra queste due entità. Il problema si risolse con un finale a sorpresa: il diavolo aveva sbagliato anima! Non erano più necessari altri incontri, la contesa non esisteva più. Se possiamo ridere di una cosa, la possiamo anche cambiare. Ridere e sdrammatizzare è un'arte che coltiviamo nella formazione Ccms